Tuesday 23 January 2007

Booker T. and Stax Records

Qual è il miglior strumentale di sempre, nella lunga storia di rock e affini?
Si potrebbe dibattere per ore ed ore su questo spinoso quesito; personalmente, però, non avrei alcuna esitazione nel rispondere che Green Onions, di Booker T and The Mg's vince, anzi, stravince la palma come miglior strumentale dell'ultimo mezzo secolo (abbondante) di musica.
Correva l'anno 1962, per la precisione era il mese d'agosto, e la giovane etichetta Stax Records, principale antagonista dell'altrettanto mitica Motown, dedita a sonorità più pop (ma non per questo meno incisive e vibranti), metteva in circolazione il singolo di un giovane fenomeno delle tastiere, Booker T, accompagnato dalla sua incredibile band, gli Mg's, appunto. Questo nonostante alcuni dirigenti della casa discografica di Memphis non fossero affatto convinti delle potenzialità del brano; quanto si sbagliavano! Col suo attacco di organetto e l'incedere di una chitarra ruvida e blueseggiante e di una batteria secca e precisa nasceva un brano perfetto, trainante, un ritmo cui nemmeno un sordo avrebbe potuto resistere.
Ma nella sua incredibile scuderia di talenti (basti ricordare Otis Redding e Sam & Dave per fugare qualsivoglia dubbio) la Stax contava altri talentuosi gruppi strumentali; in primis gli incredibili Mar-Keys, autori di un altro classico istantaneo come fu Last Night (nonchè di un'altra dozzina di perle più o meno sconosciute), i Triumphs, la cui Burnt Biscuits fa gelare le ossa dai brividi, i Cobras, a dire il vero solo in parte dediti a strumentali, come pure gli eccellenti Four Shells di Hot Dog.
Il sound di Memphis non appartiene dunque unicamente ad Elvis e Booker T ed i suoi compagni d'etichetta ce lo dimostrano appieno. E, a proposito, per il sottoscritto nella virtuale top five degli strumentali di sempre non può certo mancare Moby Dick dei Led Zeppelin e almeno un pezzo surf, ma queste sono altre storie...

A seguire una versione live di Green Onions. Il volume è terribilmente basso, ma il fascino della canzone resta intatto.
http://www.youtube.com/watch?v=3Uv-18oG9AE

Indie paralleli


Tanto per rimanere in tema indie music...
Nell'attesa degli Shins ho disperatamente cercato di colmarne il vuoto discografico affidandomi ai più disparati gruppi dediti a sonorità più o meno simili.

I primi furono i Fruit Bats, il cui Spelled in Bones accompagnò musicalmente il mio autunno 2005; i richiami agli amati Shins si sprecano sul disco di questo duo, ma ciò non toglie nulla alla magia di brani come Born in the Seventies e Legs of Bees.

Nella primavera dello scorso anno mi imbattei poi nei Dios Malos , il cui omonimo debutto mi entusiasmò relativamente; lo definirei come una sorta di incontro tra Beck e gli irrinunciabili Shins, con alcune piacevoli sorprese come la dolce Say Anything o la struggente My Broken Bones (quest'ultima decisamente vicina agli Okkervil River meno acustici), ma nel complesso mi pare un disco eccessivamente prolisso e, in taluni punti, persino autocompiaciuto.

Gli ultimi vice-Shins, in ordine di tempo, hanno uno dei nomi più esilaranti degli ultimi anni: Someone Still Loves You Boris Yeltsin, il cui debutto Broom miscela alla perfezione i soliti noti con una certa malinconia fortemente debitrice del compianto Elliott Smith. Una mezzora di tranquillità e sospiri, intensa ma non stressante, come solo il buon indie sa essere.

Di seguito, uno dei pezzi migliori degli Someone Still Loves You Boris Yeltsin, l'agrodolce Oregon Girl.

http://www.youtube.com/watch?v=7QkNDGn1VL8

The Shins: Wincing the night away


Dopo un'estenuante attesa durata quattro anni, ecco che mi ritrovo tra le mani il nuovo lavoro degli indie-rockers The Shins.
Confesso d'aver amato il debutto Oh, Inverted World, trascinato da quel gioiellino che risponde al nome di New Slang (ricordate le sue note accompagnare l'ottimo film Garden State?), e d'aver praticamente adorato il seguente Chutes Too Narrow, forte di perle come So Says I, Kissing The Lipless e Pink Bullets. Da allora, come detto, sono trascorsi quattro anni; questo nuovo album non delude le aspettative, ma, a conti fatti, è di qualche gradino inferiore al suo diretto predecessore. Il brano d'apertura Sleeping Lessons e Phantom Limb, primo singolo, sono delicate composizioni degne dei migliori Shins, ma, alla lunga, il disco sembra perdere parte del suo mordente. Voglio tuttavia lasciare tempo al tempo, poichè ho la netta impressione che queste siano canzoni che crescono ascolto dopo ascolto, fino a radicarsi nelle oscure profondità cerebrali senza più abbandonarle. Intanto mi immergo in questo limbo di melodie e nell'astrusità galattica della stupenda (secondo me) copertina.

Il singolo, Phantom Limb.

http://www.youtube.com/watch?v=OkITsv3Nk6M