Tuesday 22 May 2007

Starsailor, quando la malinconia brilla nella notte



Riscoprire i dischi è un evento unico ed irripetibile, ma riscoprire capolavori è dificilmente descrivibile.

Ritrovarsi con qualcosa che si era amato ma che, chissà per quale ragione, era stato messo da parte, nel cassetto dei ricordi perduti, ha un sapore speciale, quasi di rivincita.

Così mi sono sentito, la scorsa notte, quando, come di conseueto, per calarmi nell'oscurità, ho scelto un disco che mi accompagnasse; il mio lettore era secoli che non assaggiava Love is Here, degli Starsailor, e posso immaginarmi quanto gli fosse mancato, in questo infinito lasso di tempo.

Brani come l'iniziale Tie Up My Hands, la successiva Poor Misguided Fool o la seguente Alcoholic sono lacrime amare versate in un pozzo nero, in cui non risplende nè la luce del sole, nè il bagliore lontano della luna...diamanti dannati, figli di Tim Buckley quanto dei primigenei Radiohead, dolci lamenti che si perdono nel nulla della notte...

She Just Wept, che come ghiaccio scorre sulla pelle e la scuote nel fremito del freddo, pare essere una remota oasi di pace per i sensi, ma svanisce nel suo incantesimo agrodolce...Love Is Here, con la sua cadenza elegante, col dolore che si porta appresso, come un bagaglio di cui si vorrebbe liberare...

Musica che fa male, questa, ma che porta con sè un senso di sollievo e pace che riempie ogni ascolto, come un prato che fiorisce nel gelo, come l'oscurità che si tinge dei rosei sprazzi dell'alba... Da assaggiare in queste nottate estive, che sembrano non avere nè inizio, nè fine...

Monday 21 May 2007

Le Zucche stanno marcendo...o no?


E' ormai questione di pochi giorni, l'uscita del nuovo album (il sesto, se non si conta Machina 2, uscito solo in rete) dei riformati Smashing Pumpkins, anche se riformati è un parolone, dacchè della formazione originale restano il deus ex machina Corgan e l'ex tossico, nonchè batterista eccezionale, Chamberlin.


Premetto di esser (stato) un grande fan della band di Chicago, fin dall'incredibile debutto Gish, dal suo eccelso seguito Siamese Dream fino al mastodontico Mellon Collie and the Infinite Sadness.

Musica capace di trasportare pensieri ed emozioni in luoghi lontani, sognanti, fantastici... Ho avuto la fortuna di vederli dal vivo a Sursee nel lontano 1997, quand'erano all'apice della loro forza creativa.


Questa forza creativa si dissolse del tutto nel semi-elettronico Adore, che di adorabile, per il sottoscritto, aveva ben poco; dov'erano finite le chitarre psichedeliche e ruggenti, dov'era rimasto il galoppare selvaggio della batteria (Chamberlin era da poco stato licenziato per i suoi evidenti problemi di droga) e, sopratutto, dove diavolo erano le canzoni? Passarono pochi anni e Machina/The machines of God siglò la fine delle zucche, nonostante, se paragonato al predecessore, l'album tentasse, perlomeno, di riacciuffare i fasti del passato, senza però riuscirvici.


Di acqua, sotto i ponti, ne è passata parecchia da allora; prima Corgan ci propina il progetto Zwan, lagnoso quanto basta per fermarsi ad un solo (per nostra somma fortuna) album, poi è il turno del suo album da solista, di cui preferirei non ricordarmi.

Gli manca la sua band, si lamentò un annetto fa, e da qui la reunion, col solo Chamberlin disposto a seguirlo nuovamente nel progetto delle sue zucche. Il primo assaggio di Zeitgeist, questo il titolo dell'opera, è il singolo Tarantula; le chitarre sono tornate, la batteria anche, ma l'ispirazione...beh, quella è svanita, tra le gloriose pagine del passato. Aspettando il disco nella sua interezza, preferisco andare a riascoltarmi Cherub Rock o Bullet with Butterfly Wings per provare emozioni vere, perchè la musica, in un certo senso, è come l'amore: la zuppa riscaldata è spesso indigesta.

Tuesday 15 May 2007

The Coral: il Merseybeat della nostra generazione

Già col loro primo, omonimo, album, mi avevano trascinato a forza nel loro universo musicale; oscillanti tra il merseybeat tanto caro alla natìa Liverpool e le deviazioni psichedeliche della California dei sessanta, i sei proponevano una miscela tanto coinvolgente quanto annebbiata nei fumi del passato, e non solo...

Col secondo lavoro Magic & Medicine i Coral mettevano a fuoco le loro potenzialità in una successione di brani incredibili, Pass It On su tutti. Folk sposato al country miscelato coi Doors imparentati con il beat di quarant'anni fa, insomma, per qualsiasi nostalgico ( e non) una vera manna dal cielo.

Nightfreak & The Sons of Becker, mini album uscito pochissimi mesi dopo il sopracitato Magic & Medicine, suscitava un vago senso di irritazione; sembrava il frutto di un lavoro mai portato realmente a termine, lasciato sospeso a mezz'aria. Un mezzo passo falso.

Il sentiero, i sei ragazzi guidati da James Skelly, cantante di rara versatilità, lo ritrovano subito; The Invisible Invasion, datato 2005, riprende il discorso del secondo album, smussandone magari gli angoli più acidi. Trainato dall'ottimo singolo In The Morning il disco accompagna l'estate di quell'anno, confermando i Coral come una delle migliori bands inglesi del momento.

A breve, ancora non si sa con esattezza, dovrebbe vedere la luce la nuova fatica dei sei; nell'attesa mi lascio trascinare lontano da perle quali Dreaming of You, Bill McCai e Arabian Sand...

Monday 14 May 2007

Dieci canzoni per una primavera



Dieci canzoni per questa primavera 2007, tanto simile all'estate da non sembrare nemmeno lontanamente la mezzastagione che fa sì sbocciare fiori, ma che a Pasqua, o giù di lì, ci riserva un'inaspettata nevicata.

Dieci brani che mi accompagnano da qualche tempo, dal mattino alla notte fonda...in ordine sparso, così come le emozioni che mi scatenano dentro.

Low: Silver Rider (vedi post precedente)

Cold War Kids: Hospital Beds (una sensazione indie con una specie di Jack White alla voce)

Murder By Death: Brother ( intenso, malinconico, desertico)

Arcade Fire: Keep the Car running ( i R.e.m., se oggi non avessero perso tutto lo smalto)

Grinderman: No Pussy Blues ( Nick Cave è tornato ad un blues marcio e decadente, carico di sesso)

Radiohead: How to disappear completely ( una splendida riscoperta, musica senza confini)

Mando Diao: Welcome Home, Luc Robitaille ( gli svedesi, il loro miglior album, uno dei loro migliori pezzi)

Langhorne Slim: Checking Out ( indie country folk imbastardito, dolcissimo e deviante)

Tindersticks: Rented Rooms ( ha più di dieci anni, ma potrebbe averne cento. Oscura, intima, erotica)

Tv On The Radio: Blues From Down Here ( perla dark wave, da scuotere l'anima)

Eccole, le mie compagne di viaggio, in queste giornate velate di caldo e di pioggie... a presto...

Monday 7 May 2007

Low: un soffio sull'anima

Un disco incredibile, questo The Great Destroyer dei Low.
Quando un anno fa lo comprai, con imbarazzante ritardo, dato che l'album risale al 2004, non riuscii a scorgerne immediatamente la complessa profondità, le trame sonore che sembrano perdersi all'orizzonte, su distese infinite che i miei occhi faticano a ricordare...

Nell'ultimo mese The Great Destroyer ha preso progressivamente possesso del mio lettore, e le sue incantevoli composizioni hanno cominciato a radicarsi nella pelle del mio cuore, sulla superficie della mia anima...brani come Monkey, ossessiva nenia che pare essere un antico e funereo canto d'addio, Silver Rider, la cui tristezza pare svanire nella sua sfuggente bellezza, On the Edge of, eterea come la brezza e pesante come un macigno, dolce e amara nel contempo, When I go Deaf, sussurrata, acustica, che prima d'esplodere ricorda l'aria di campagna allo sbocciare della primavera, sono solo alcuni dei pezzi di questo meraviglioso puzzle musicale, canzoni che si rincorrono nella mia testa e mi battono nel petto, come i semi di un amore svanito nel nulla della notte...

Da consumare e da amare, incondizionatamente...