Wednesday 26 November 2008

Dischi fondamentali di questo 2008: i primi 7

L'anno solare 2008, personalmente un momento di vera e propria rinascita dopo i giorni oscuri, colmi di solitudine e tristezza, dei due anni precedenti, è stato accompagnato, com'è ormai radicata abitudine, da una sua personale colonna sonora.
Una classifica provvisoria, dato che al 31 dicembre mancano ancora un paio di settimane ed ho diversi album in attesa d'essere comandati, ma di queste sette titoli credo che solo alcuni siano a rischio d'essere esclusi a favore di nuove entrate più entusiasmanti.
Ad aprire l'anno, già nel mese di gennaio, ci hanno pensato gli incredibili Black Mountain, la cui prima fatica m'era piaciuta, certo, ma è con In the Future che hanno compiuto un definitivo passo in avanti. Disco pressochè perfetto, a metà strada tra la psichedelia di fine anni '60 ed il rock vigoroso del decennio seguente, con i poderosi riff à la Black Sabbath in testa.
Anche la seconda prova del progetto (termine invero offensivo, data l'altissima qualità musicale del quartetto e delle composizioni offerte) di Jack White, The Raconteurs, mostra incoraggianti segnali di crescita rispetto al già eccellente debutto. Consolers of the Lonely spinge il piede sull'accelleratore, virando in maniera decisa ma non scontata verso un rock figlio tanto del garage debitore dei sixties quanto del blues stratificato del dirigibile di piombo.
Le atmosfere si diluiscono in un unisono di voci e strumenti acustici con i sorprendenti Fleet Foxes; capitanati da un ragazzo poco più che ventenne, i quattro di Seattle (ma il grunge non ha davvero nulla a che vedere con loro) hanno registrato un disco che sembra crescere ascolto dopo ascolto, con i suoi echi West Coast (Crosby, Stills, Nash & Young in primissimo piano) abilmente miscelati ad atmosfere di stampo medievale e finanche celtico. Per restare nel rassicurante angolo del mondo indie, non posso non citare con entusiasmo i Bodies of Water, il cui album A Certain Feeling ha tutte le carte per essere considerato un capolavoro. Composti da due coppie, gli americani propongono un mix di rara originalità, oscillante tra i già citati Black Mountain, i fondamentali Arcade Fire ed i Modest Mouse; forse l'album dell'anno per il sottoscritto, tante sono le emozioni che riesce a risvegliare. Una conferma, invece, gli Okkervil River, che con The Stand Ins, seguito ideale di The Stage Names, edito poco più di un anno fa, portano avanti il loro discorso di un indie-folk-rock personalissimo, con la splendida voce di Will Sheff in primo piano. Dopo averli (ri)vissuti dal vivo il 19 novembre in quel di Milano non posso che confermarli come uno dei più solidi edi interessanti gruppi underground attualmente in circolazione, forti di un leader il cui talento compositivo sembra esser inesauribile.
Virando verso lidi dal sapore più antico, come non essersi accorti, quest'anno, della giovane promessa del nuovo soul-blues a stelle e strisce? Eli Paperboy Reed, con Roll with It, ha confezionato un'opera che potrebbe esser uscita nel pieno degli anni sessanta. Ci si ritrovano tanto Rufus Thomas quanto Sam & Dave, passando per l'inarrivabile Otis Redding e giungendo fino alla selvaggia irruenza di James Brown; e l'aspetto più incredibile di questo disco senza tempo è che Reed, pur possendendo una voce nera, anzi, nerissima, è bianco! Sperando che la sua stella non tramonti nel giro di qualche anno, ci troviamo di fronte ad un vero e proprio fenomeno. Attendo con ansia la sua conferma su palco.
Concludendo questa parziale top ten cito, con immenso piacere (vedi anche post precedente) il mitico, e per giunta simpaticissimo, Langhorne Slim; sebbene il suo secondo lavoro non possegga più l'irriverente impatto del primo, è innegabile che lo spessore della sua scrittura, oltre alla sua inconfondibile voce, resta altissimo, rendendolo, di fatto, uno dei più grandi cantastorie d'oltreoceano.
In attesa che altri tre dischi vadano a completare questa classifica, consiglio a chiunque capiti su questo blog di dare un ascolto a questi sette album, ne vale la pena, davvero!

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