Sunday 24 June 2007

Dal deserto allo spazio profondo


Dopo settimane passate ad annacquarmi il cerebro con canzoni tra il melenso ed il patetico andante sto finalmente tornando alle mie origini, ovvero ai ruvidi suoni del rock più crudo e meno propenso a compromessi.
Dopo il celebrato ritorno dei sempre amatissimi White Stripes è il turno della nuova creatura musicale di Chris Goss, nome forse non conosciutissimo ma d'importanza a dir poco fondamentale per quello che è stato il rock a stelle e strisce degli ultimi 15 anni. Fu infatti lui a scoprire, agli inizi degli anni '90, un gruppo di scapestrati dedito ad un sound cupo e vibrante, memore del doom quanto dei primi Sabbath; questo gruppo erano i Kyuss. Dalle loro ceneri, come sappiamo, nasceranno in seguito i Queens of the Stone Age, i vari progetti delle Desert Sessions, gli Slow Burn, gli Unida, gli Hermano e un'altra mezza dozzina di bands di medio-corta durata.
Ma Goss era, ed è, oltre che profondo conoscitore ed amante della musica, anche un talentuoso musicista; con i suoi Masters of Reality ha realizzato dischi di ottima fattura ed almeno un capolavoro, che risponde al titolo di Sunrise of the Sufferbus, in cui è affiancato, alle pelli, nientemeno che da Ginger Baker, il leggendario ex-batterista dei Cream, prima, e dei Blind Faith, poi.
Accantonato momentaneamente il suo progetto principale, il signor Goss si unisce a Geordie White (il Twiggy Ramirez che si celava dietro al basso nei primi dischi di Marylin Manson ed, in seguito, degli A Perfect Circle) e Zach Hill, degli Hella, per dar vita a questi Goon Moon; il sound è vicinissimo a quanto siamo abituati a sentire nei dischi dei Masters, con l'elemento psichedelico che sembra miscelarsi quasi alla perfezione ai suggerimenti pop ed alle chitarre, spessissimo, imparentate coi Queens. Non a caso, tra gli ospiti presenti non poteva mancare Josh Homme, fedele compagno di viaggio di Goss sin dalla gioventù; il suo influsso, sopratutto alla sei corde, è senz'altro riscontrabile in pezzi tirati e trascinanti come My Machine, Feel Like This e Tip Toe.
L'amore sempre dichiarato di Goss per i Beatles si palesa poi nell'iniziale Apple Pie, dove i quattro baronetti di Liverpool sembrano incontrarsi con il sabba nero di Birmingham, ed in divagazioni quasi brit pop come Lay Down e Balloon?.
Con The Golden Ball c'è poi una suite di quasi dieci minuti in cui affiorano trent'anni e forse più di storia del rock, partendo dai Buffalo Springfield per planare coi primissimi Led Zeppelin.
Un bel disco, questo Licker's Last Leg, da consumare con la stessa passione con cui, sicuramente, è stato concepito e registrato...

1 comment:

Anonymous said...

quello che stavo cercando, grazie